





La festività di Imbolc
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Il passaggio cruciale, rappresentato dall’inverno e da quello che un tempo era concepito come una morte e resurrezione, viene reso noto attraverso i miti, che nascondono al loro interno i segreti della natura. La festività celtica che era celebrata il primo di febbraio, chiamata Imbolc, richiamava l’idea della purificazione e della percezione della rinascita del sole, avvenuta durante il solstizio d’inverno. Nell’Impero Romano si celebravano i Lupercali e con il Cristianesimo la festa fu occultata e prese il suo posto la Candelora, collegata al fuoco e al concetto di purificazione. Il ritorno della luce si percepisce, infatti, soprattutto al pomeriggio e alla sera e alcune sensazioni impercettibili che ci attraversano durante il giorno sono collegate alla trasformazione e al momento che precede la primavera. La vitalità, l’inizio di nuovi progetti e l’allegria sono costanti che caratterizzano questo passaggio.
Il misterioso passaggio degli spiriti
Nella Valle Cervo, in provincia di Biella, luogo caratterizzato dalla presenza dei Celti, a partire dal IV secolo a.C., si credeva che nel mese di febbraio sulle montagne vi fosse un ritorno delle anime, un misterioso passaggio degli spiriti. Essi tornavano per purificarsi e, di tanto in tanto, durante il loro passaggio, lasciavano dietro di loro delle scorie delle imperfezioni passate. Erano definiti impuri, e non a caso, il mese di febbraio era diviso in tre parti, chiamate ampüre. Si tratta di una suddivisione di 9 giorni ciascuno, collegata al cambiamento della temperatura, visto che nel corso dell’ultima settimana il freddo diminuiva.
Ciò che mi colpisce è il fatto che nella Valle Cervo, e più precisamente a Quittengo, si narra di una medesima purificazione o espiazione delle colpe, praticata dagli spiriti, che li vede camminare sugli alti crinali, in concomitanza con l’antica festività celtica di Samhain, corrispondente al 31 ottobre.
L’amuleto di canapa
Il passaggio degli spiriti portava gli abitanti ad averne timore e durante questo periodo erano soliti praticare alcuni riti per allontanare la loro influenza e proteggersi dal malocchio o dalle fatture. Proprio come avveniva durante Samhain, in cui ci si inimicava gli spiriti, offrendo loro sul davanzale delle case vino e castagne, nel mese di febbraio, le donne tessevano delle pezzuole di canapa per allontanare i malefici. Dopodichè tale feticcio veniva appuntato alla camicia di uomini e donne come forma di protezione.
Come mai queste donne tessevano proprio una pezzuola di canapa? A Biella, nella Valle Cervo la donna valligiana coltivava e filava la canapa, dopo averne raccolti gli steli, composti in mannelli, che essicava al sole e macerava in pozze d’acqua. Ancora oggi è possibile visitare i resti della settecentesca macina in pietra a Tomati, utilizzata nella lavorazione della canapa.
Il collegamento che sussiste tra le valligiane e l’antica festività celtica è evidente se consideriamo la divinità a cui era collegata Imbolc: la dea Brigit, poi divenuta Santa Brigida con il Cristianesimo. Brigit, la grande tessitrice nel telaio di madre natura, è la dea della fecondità che rappresenta il ritorno della primavera. Una delle più grandi usanze irlandesi è la costruzione della Cros Bride, un simbolo solare costruito con i fili di paglia o cannucce di giunchi, e posta sulla porta, come forma di benedizione e protezione.
Le donne valligiane erano così eredi delle tessitrici del fato, le Parche o Moire greche, le Norne germaniche, coloro che tessono il destino degli umani, presiedendo al fato. Il tessere e il filo intrecciato rappresentava un ostacolo al maleficio e una forma di potere che rendeva le donne delle vere e proprie sacerdotesse.
Vi auguro un febbraio di Luce!





