





Sento la necessità di iniziare questo articolo riportando questo pensiero, che è per me la mia più grande fonte di ispirazione:
“Le religioni stanno alle vie esoteriche come il duro mallo della noce sta al tenero e nutriente frutto. Nulla nasce dal mallo quando questo cade ai piedi dell’albero. Solo nel seme risiede la possibilità della rigenerazione, di diffondere nuovamente la vita”
Anonimo
Junk food
L’importanza dell’alimentazione nella nostra vita spirituale e biologica è molto spesso sottovalutata, presa con leggerezza. La nostra società sempre più frenetica, guidata dai consumi, e dall’apparire, ci porta ad avere sempre meno tempo da dedicare a noi stessi, ed a considerare il cibo come una necessità secondaria della quale non si può fare a meno.
Sempre più spesso non solo non si è presenti nell’atto del nutrirsi, che è fondamentale per il benessere del nostro corpo biologico, ma lo si vive in modo scontato, garantito, come se fosse solo un’azione necessaria per placare i “morsi della fame”, una fastidiosissima perdita di tempo.
Per questo motivo l’industria alimentare ha creato appositi punti vendita e di ristoro, volti a sollevarci da questa fastidiosa necessità. L’accesso al junk food ci è garantito dai molteplici supermercati presenti sul territorio, dai fast food, e dalle catene di ristorazione.
I primi sono specializzati nel fornirci ogni soluzione pratica per soddisfare le nostre necessità alimentari, cibo in scatola, surgelato, spellato, sbucciato, cotto, affettato e cucinato. Ci sollevano dal peso di selezionare i prodotti, lavarli e cucinarli.
I “quattro salti in padella” (precursori del cibo pronto) ormai hanno lasciato il posto ai più pratici “quattro salti”, che con la pratica confezione a piramide, si scongelano più velocemente con l’utilizzo del microonde.
Bresaole, prosciutti, coppe, provole, asiago ecc li troviamo già affettati ed imbustati, il parmigiano, il grana padano sono già grattugiati, anche se spesso per motivi economici si scelgono i meglio non definiti “mix di formaggi”.
Le verdure in scatola sono già lessate, e quelle “fresche” sono già porzionate, il pane, le pizzette , si trovano ad ogni ora ed il reparto gastronomia è sempre il più affollato.
I secondi che sono presenti nei centri commerciali ci consentono di mangiare velocemente senza dover sospendere i nostri acquisti.
Quindi troviamo dal classico hamburger di Mc Donald, con le sue offerte imperdibili, il primo dicembre il Big Mac era a solo un euro. Per i palati più raffinati troviamo le pizze, che sono delle bufale come il nome del brand Fratelli La Bufala, che appartiene al gruppo napoletano A Cento S.p.a.. Poi ci sono gli spaghetti di Rosso Pomodoro, che del pomodoro italiano hanno solo il colore rosso, marchio che appartiene al gruppo Sobeco che gestisce anche Crema e Cozze, Rosso Sapore.
L’orto come soluzione?
Fortunatamente alcuni individui appartenenti a questa società irrazionale, consapevoli dei pericoli celati all’interno di essa, si adoperano per trovare soluzioni sostenibili.
Una soluzione percorribile è quella di coltivare un orto, chiaramente non tutti lo possono realizzare, perché è necessario avere della terra.
In fin dei conti questa crisi economica può essere trasformata anche in opportunità, in un cambiamento positivo. Coltivare il proprio pezzo di terra, o servirsi di orti condivisi, è una tendenza che negli ultimi anni è sempre più in crescita.
Purtroppo anche in questo settore le grandi corporation recitano la parte dei protagonisti.
Le quasi 7000 aziende sementifere presenti nel 1981 sono quasi sparite, e il 75% del mercato dei semi è in mano a tre colossi, Dow-Dupont, ChemChina-Sygenta, e Bayern-Monsanto. le stesse che controllano il 75% del mercato dei pesticidi.
Passeggiando tra i banchi dei mercati rionali, o tra le file dei garden center, riusciamo a notare il pericolosissimo, ma progressivo assottigliamento della biodiversità, poche varietà selezionate, adatte al trasporto, facili da produrre in massa, ma dipendenti dai trattamenti fito sanitari.
Quindi siamo sicuri che il seme comprato in uno dei molteplici garden center, che sono ormai presenti in tutti i centri urbani,o nei mercati sia davvero di buona qualità?
Sulle bustine e nelle confezioni delle piantine che sono in vendita sempre più spesso leggiamo la rassicurante scritta “no ogm”, ma ciò non vuol dire che sia bio. Dove sarà stata coltivata? Su che terra? Con che mezzi? Con l’utilizzo di quali concimi? Il seme da che pianta proviene?
La maggior parte delle volte che andiamo a comprare una di queste piantine o di queste sementi non riusciamo ad ottenere i risultati voluti. Spesso le piante sono poco produttive o si ammalano, e quindi ci consigliano l’utilizzo di specifici concimi chimici, e di antiparassitari, prodotti “casualmente” dalla stessa azienda che ne produce il seme.
Le piante F1
In alternativa ci consigliano le piante classificate come ibridi F1, ma cosa significa questa sigla?
Ibrido significa che il seme è il risultato di un incrocio. L’ibridazione esiste anche in natura, grazie al lavoro incessante delle api, di altri insetti e animali o del vento. Il polline di una pianta ne feconda un’altra, di differente varietà, il risultato è una varietà nuova. Anche l’uomo ha creato incroci fin dai tempi antichi, selezionando le varietà più produttive.
F1 è un ibrido di prima generazione, ottenuto grazie ad un processo di selezione genetica, che consente di ottenere frutti dalle caratteristiche desiderate, una forte produttività, resistenza a certi climi, o più semplicemente una forma, o un colore differente.
Le generazioni successive sono classificate come F2 e F3, le quali avranno delle caratteristiche genetiche differenti, perché alcune delle caratteristiche genetiche latenti presenti nel dna potrebbero ricomparire.
Poiché la riproduzione autotrofa, praticata nelle generazioni precedenti, causa un grave indebolimento genetico, le piantine F1 saranno sterili e quindi non riproducibili, o poco produttive.
Queste sementi, piantine F1, sono la ricchezza delle multinazionali che ne producono i semi. Le sementi selezionate in laboratorio non possono essere tramandate in autonomia, e l’acquirente, il contadino ne diventerà dipendente.
Il cercatore di semi
Per questi motivi ho scelto di intraprendere la strada della coltivazione biologica, andando a scegliere dei semi biologici, facilmente riproducibili e di varietà in via di estinzione.
In questo arduo compito mi ha dato un grande aiuto “Il cercatore di semi”, un’associazione culturale no profit a difesa della biodiversità.
Questa visionaria associazione si propone di difendere la biodiversità attraverso diversi progetti, come la coltivazione per la produzione e la conservazione delle sementi di varietà italiane antiche, che vengono distribuite gratuitamente, e di varietà rare, provenienti da ogni angolo del nostro fantastico pianeta.
Tra i loro progetti vi è anche il progetto “Melissa”, che si propone di distribuire gratuitamente le sementi di Vedovina Maggiore, la pianta salva api. Grazie ad una fioritura tardiva, questa pianta fornisce un aiuto alle api prima del riposo invernale, irrobustendo la colonia.
Sempre sul loro sito cercatoridisemi.com si possono trovare alcune guide, che sono scaricabili gratuitamente.
Come dice il celebre artista, ed attivista cinese Ai Weiwei, “Il seme è un simbolo di tradizione, ma allo stesso tempo è un simbolo rivoluzionario”.
Che ne dite di iniziare la rivoluzione assieme?





